Si concludono le date romane del Never Ending Tour 2018 di Bob Dylan
Il 5 aprile ha segnato la serata di chiusura per i concerti del Never Ending Tour 2018 di Bob Dylan nella capitale. Le tre serate previste all’Auditorium Parco delle Musica si sono concluse. Bob Dylan, la rock star ha confermato tutto di sé.
Dylan, durante le quasi due ore di concerto, entra, suona, si muove sul palco e alla fine accenna un saluto. È sé stesso, è lui. L’Auditorium completa positivamente il tutto. Con la sua architettura da sogno e con un’acustica perfetta diventa per un musicista un posto unico per potersi esibire. Alle 21 in punto Bob e i suoi entrano sul palco e attirano l’attenzione iniziando subito con Things Have Changed. Si prosegue poi con il folk di Don’t Think Twice e It’s All Right. Intervalla canzoni più lente con canzoni più dinamiche ma tutte rivisitate, la voce unica di Dylan che suona il pianoforte stando per la maggior parte seduto è la protagonista della serata.
Tutto ruota intorno a lui. Dylan non esegue mai prove prima dei concerti, i musicisti collaboratori lo sanno e si sono adeguati, si suona e basta. La qualità dei musicisti è evidente. Alle chitarre ritroviamo Stu Kimball e Charlie Sexton, al basso Tony Garnier, alle percussioni George Recile e Donnie Herron che suona un po’ di tutto (pedal steel guitar, mandolino elettrico, banjo e violino).
Ha scelto anche Melancholy Mood di Frank Sinatra e Autumn Leaves di Yves Montand, con queste Bob si alza dal piano, e mentre le luci sono ancora spente furtivamente si dirige verso i musicisti, in posizione di retroguardia con le gambe divaricate, l’asta del microfono inclinata e canta. I sei musicisti sono vestiti di scuro, di cui tre con un cappello e tre no. Dylan indossa pantaloni neri con una striscia chiara ai lati e con stivali grigi da cowboy. Tutti pressoché impassibili, sono sul palco per suonare, cantare, offrire musica e nient’altro.
Come bis canta una bellissima versione di Blowin’ in the Wind accompagnata dal violino e contrabbasso. In realtà si stenta a riconoscerla ma poi le parole erano quelle. Conclude la serata con Ballad of a Thin Man del 65. Inutile dire che ogni pezzo suonato e cantato resta unico, anche la durata, lui il maître indiscusso decide quando stopparlo. Insomma la star come detto si è confermata tale e noi fruitori abbiamo amato la sua performance.
Il personaggio si sa è lui: Bob Dylan, ma va bene così.