Dream Theater – Distance Over Time Tour // Palazzo dello Sport (Roma)
Il servizio fotografico della serata è stato realizzato da Andrea Cavallini (Web | Facebook | Instagram).
Una giornata speciale ed una serata che lo è stata ancora di più, quella dell’11 febbraio 2020 che ha visto il tanto atteso ritorno a Roma di una delle band metal progressive più famose, virtuose e straordinarie al mondo. I Dream Theater hanno fatto tappa al Palazzo dello Sport di Roma, prima delle due uniche date italiane (il 12 febbraio infatti hanno replicato al Mediolanum Forum di Milano) con il loro Distance Over Time Tour, che prende appunto il nome dall’omonimo ultimo lavoro della banda. Ma non è semplicemente il tour di promozione dell’album e non è un anno qualsiasi, infatti proprio quest’anno il loro più grande successo, Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory, compie i 20 anni dalla data di pubblicazione.
Parlo di giornata speciale e non semplicemente di serata perché – per quanto mi riguarda – insieme ad un gruppo di circa 20 persone mi sono ritrovato alle 16:00 fuori dal Palazzo dello Sport, facendoci a vicenda la stessa domanda:
«Anche tu qui per il Meet & Greet?»
L’emozione condivisa nel vedere dal vivo i propri idoli è palpabile nell’aria, sorrisi nervosi e tiratissimi per quello che sarebbe accaduto da lì a breve. Dopo aver ritirato quindi il biglietto, finalmente, e dopo doverose raccomandazioni, veniamo letteralmente scortati all’interno del palazzetto dove, in attesa dell’uscita della band, ci viene rilasciata la sacca con il merchandising e ci vengono illustrate le regole per l’incontro: nessun contatto fisico (per ovvie ragioni di igiene), massimo rispetto del loro spazio personale, nessun video o foto con il cellulare, etc. Tutto questo mentre in sottofondo si esegue il sound-check. Finalmente, i Dream Theater entrano e dopo i primi saluti si piazzano davanti al telo per la foto di rito con ognuno di noi. Un bel sorriso e poi – three, two, one…shot! – avanti un altro.
Dopo la foto, mentre ognuno recupera gli oggetti da far autografare, loro si spostano sulla postazione difronte. Uno ad uno sfiliamo davanti ai cinque, tra l’incredulità e l’ammirazione. Sfortunatamente, non c’è molto tempo per trattenersi in chiacchiere, così prendo il vinile di Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory e il cofanetto in edizione limitata di Distance Over Time, sempre in vinile, e mi metto in fila. Ad uno ad uno i loro autografi appaiono sulle due copertine, partendo da Mangini, passando per Myung e Rudess e arrivando, infine, a Labrie e Petrucci. Questi ultimi si mostrano molto socievoli e riesco anche a scambiare due battute veloci (ovviamente dicendogli che sarei stato sotto palco a fotografarli per i primi 15 minuti). Labrie, con un grande sorriso, mi risponde raccomandandosi di fargli belle foto così come Petrucci che, riferendosi al cofanetto di Distance Over Time, aggiunge:
«I love this box!»
Arriva purtroppo e troppo velocemente il momento dei saluti, mi riunisco agli altri, ognuno con i propri “cimeli” e tutti con un grosso sorriso stampato sulla faccia. Una ragazza, dall’emozione, si abbandona anche a qualche lacrima. Saluto gli altri “folli” come me e nella doppia veste di fan e fotografo accreditato esco dal palazzetto per andare a ritirare il pass. Dopo averlo ritirato, attendo nervosamente nuovamente l’ingresso, che questa volta però mi condurrà sottopalco.
Una caratteristica dei loro concerti che mi ha sempre fatto sorridere, è che se la policy generale per i fotografi è “tre pezzi – no flash” con i Dream Theater è sempre “massimo 15 minuti” anche perché tre pezzi vorrebbe dire almeno 40 / 50 minuti di foto!
Sono le 20:15, ancora fuori in attesa che ci accompagnino dentro, nervoso perché so che il concerto inizierà alle 20.30 spaccate e dovrò montare velocemente la mia attrezzatura e controllare rapidamente tutti i settaggi, senza commettere errori. Indescrivibile l’emozione, soprattutto da fan-fotografo, di trovarsi nel pit sotto palco nuovamente ad una distanza ridottissima da loro. Mi era già capitato di fotografarli in altre due occasioni nel 2017 all’Auditorium Parco della Musica, in occasione dell’Images, Words & Beyond Tour, tour celebrativo dei 25 anni di Images & Words. Purtroppo in quella circostanza era permesso scattare solo da fondo sala, una distanza proibitiva per poter realizzare foto degne di nota. Sono pronto ora, aspetto solamente che ci facciano andare sotto palco.


Arrivano le 20.30, si spengono le luci per l’inizio puntuale del concerto, e partono le note di Atlas dei Two Steps From Hell, il duo americano composto da Thomas Bergersen e Nick Phoenix. Finita l’intro, il palazzetto esplode quando i Dream Theater entrano in scena, da subito carichissimi con Untethered Angel seguita da A Nightmare to Remember. È durante queste due canzoni che posso scattare finalmente! Quindici minuti di pura adrenalina, finché non mi bussano sulla spalla…tempo scaduto, è ora di uscire dal pit. Ripongo tutta la mia attrezzatura nello zaino, non guardo nemmeno cosa ho scattato. Intanto ricevo un messaggio da un amico, che mi aveva visto sotto palco:
«Quant’è grosso Petrucci da 2 metri di distanza? 🙂 »
Rispondo semplicemente con una parola: IMMENSO!
Mi sbrigo a trovare il mio posto, nuovamente nella veste di fan, dove posso finalmente godermi il concerto da spettatore con un posto centrale e frontale appena dietro il mixer dove l’acustica è delle migliori. Purtroppo il pubblico laterale è un po’ penalizzato e soffre di qualche eco e rimbombo di troppo…d’altronde non è proprio “musica da camera” quella che stiamo ascoltando e difficilmente, salvo eccezioni, al chiuso si riesce ad avere una situazione ottimale per l’ascolto.
Sebbene non sia sold-out il concerto, c’è comunque un pubblico gremito e l’affluenza è di tutto rispetto e degna di nota, anche al confronto di artisti nostrani ben più famosi in Italia che a volte comunque non raggiungono lo stesso risultato. Stiamo sempre parlando di un gruppo ed un genere musicale un po’ di nicchia, quindi un risultato più che ottimo.
Un’altra cosa che ha sempre contraddistinto i loro concerti è la varietà di pubblico che un po’ come si diceva per il Monopoli – il gioco da tavolo – abbraccia una fascia di età da 9 a 99 anni. Forse in questa occasione l’età media, rispetto al solito, è un po’ più bassa, un segnale in ogni caso positivo perché evidentemente sono riusciti a fare innamorare anche un pubblico più giovane rispetto ai meno-giovani come me che sono cresciuti con le loro canzoni; ancora ricordo il primissimo ascolto di Images and Words.
Parlando strettamente della performance c’è poco da dire…sono tutti quanti delle macchine da guerra con un livello tecnico d’esecuzione al top e – per la frustrazione di molti aspiranti musicisti – spesso irraggiungibile. Ovviamente nell’arco della serata – proprio a voler essere pignoli – ogni tanto non manca qualche sbavatura, in fondo non stiamo ascoltando un disco registrato, ma un live con un’elevata difficoltà e complessità d’esecuzione.
Il concerto si svolge con un copione ben preciso. La prima parte, che dura un’ora esatta, è dedicata a brani da Distance Over Time, come appunto Untethered Angel in apertura, Fall Into The Light, Barstool Warrior e Pale Blue Dot – quest’ultima a chiusura – inframezzati da A Nightmare to Remember, ultima traccia di Black Clouds & Silver Linings del 2009 (tra l’altro l’ultimo lavoro che vede alla batteria Mike Portnoy) e In The Presence of Enemies, Part I da Systematic Chaos del 2007.
Finita la prima tranche, una pausa per noi per sgranchirci le gambe e darci la possibilità (oltre a loro di prepararsi come si deve) di assistere ad una maratona completa di Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory. L’esecuzione è tiratissima e vista la durata dell’intera opera non c’è spazio per momenti di solo. Le parti interamente strumentali sono sempre una buona occasione per Labrie per riposare le sue corde vocali, messe chiaramente a dura prova. Infatti dopo una partenza un po’ faticosa nella prima parte, riesce a scaldarsi per bene e, nei momenti di difficoltà sopperisce se non con la tecnica più con l’esperienza: qualche coro con il pubblico è stato più tattico del dovuto.
Per quanto riguarda Mangini, sicuramente audace la scelta di non scimmiottare ed emulare Portnoy, scelta che in ogni caso, sia un verso che nell’altro, avrebbe provocato critiche nell’infinita discussione su chi sia il migliore tra Portnoy e Mangini. Mi è capitato di sentire pareri contrastanti a riguardo, ma senza voler entrare nel merito specifico, è difficile non notare anche la minima variazione nell’esecuzione di brani che ormai il pubblico è abituato ad ascoltare più che a memoria da ben 20 anni.
Alla conclusione del primo atto, dopo Scene Five: Through Her Eyes, Labrie prende la parola – ora è il momento che gli altri si riposino un momento – e tesse le lodi di Roma, una città fantastica dove ovviamente si mangia anche molto bene. Gioca anche con il pubblico dicendo che, se non lo sapessero, quest’anno ricorre il 20imo compleanno dell’album Metropolis Pt. 2: Scenes from a Memory e che magari molti del pubblico non erano nemmeno nati quando fu pubblicato. Poi chiede chi c’era invece 20 anni fa al Palaghiaccio di Marino, una marea di braccia si alzano…anche la mia ovviamente! Così si da il via al secondo atto con Scene Six: Home.
Un altro aspetto che mi ha sempre colpito dei loro concerti è vedere il pubblico estremamente partecipe che canta dall’inizio alla fine senza sosta. Quando è il momento di Scene Five: Through Her Eyes si vede qualche nostalgica fiammelle di accendino danzare nel parterre, ma il massimo lo raggiungiamo con Scene Eight: The Spirit Carries On dove Labrie incita il pubblico ad accendere tutti i cellulari. Uno spettacolo veramente inatteso ed emozionante accompagnato dal coro del Palazzo dello Sport.
Si conclude la suite e i Dream Theater lasciano il palco, con il pubblico che li richiama fuori per l’encore (o bis), anche questo “singolare”. Infatti, invece dei classici 2 o 3 brani – come fanno molti altri artisti – concedono un ultimo pezzo, di quasi 10 minuti, sempre da Distance Over Time: At Wit’s End. Si accendono le luci, il concerto è concluso, diversi minuti di applausi e la serata è finita.
Probabilmente per tantissime ragioni (anche di età e di freschezza sia nostra che loro) il concerto non è paragonabile a quello dell’aprile del 2000 al Palaghiaccio di Marino, rimane però uno di quegli eventi, quasi storici, a cui non si può non partecipare. Speriamo di incontrarli nuovamente sotto e fuori dal palco!
Andrea Cavallini